Brunarte45

Architetto

I foglietti

Riflessioni a cura di Brunarte45

Cronistorie di mostre, passeggiate, viaggi e personaggi raccolte in foglietti dalla penna sapiente di Bruno Bazzoni, architetto, guida culturale e critico d’arte. Sensazioni, colori e impressioni di chi, con occhio esperto, sa riconoscere arte, poesia e bellezza.

L’ARTE, questa sconosciuta

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Mi è capitato più volte di pensare e ripensare al significato di Arte, senza arrivare ad una conclusione soddisfacente. Ciò nonostante mi sono illuso di aver afferrato l’essenza di tale” magica parola”, nel momento in cui le opere degli artisti esaminati erano famose e di facile lettura.

Tal asserzione, recentemente, è stata fatta da me nei confronti dello scultore Brancusi, del quale ho avuto modo di ammirare alcune opere nel suo “Atelier”di Parigi, ricostruito in una piccola struttura espositiva, vicino al più famoso Centro Pompidou. L’artista rumeno, attraverso la sua modernità, ha saputo esprimersi nel mondo della scultura con la capacità dei grandi artisti del passato.

Il prodotto ottenuto colpisce per la semplicità disarmante con cui entra nella mente, senza più abbandonarti. E’ proprio questo il segreto che gli permette di darti la sensazione di un qualcosa di particolarmente attraente ed universale. Non sono molti gli autori che, così, decisamente possono invadere il tuo modo di pensare. Da ciò ne consegue, che, quando è immediatamente comprensibile l’opera in esame per riferimenti od appartenenza alla sfera figurativa, è quasi scontato che ti debba coinvolgere! Il problema è più complesso, quando il prodotto che ti sta davanti, vuoi per l’impreparazione, vuoi per il tuo schema mentale, non abituato alle novità, impedisce di coniugare te stesso con tale opera e di farti entrare in contatto con quanto esprime o dovrebbe esprimere. E’ il caso delle opere contemporanee, che vanno dalle istallazioni di qualunque cosa (anche animali appesi a delle funi), sino alle così dette azioni comportamentali. Queste ultime possono concretizzarsi in una grande aggregazione di numerose persone denudate (senza distinzione di sesso) in vie e/o piazze di città famose. Per finire alle opere interattive, che non vogliono significare solo applicazioni informatiche, ma anche semplicemente una parete rivestita di materiale duttile e malleabile, sulla quale chiunque lo voglia può intervenire e giustapporre oggetti, biglietti scritti o grafici, sino a ricoprirla in ogni suo piccolo spazio. Ultimamente va a gonfie vele l’inglese Damien Hirst, icona del business, che tra l’altro con l’esposizione di animali morti, conservati in una soluzione di formaldeide, sembra sia l’artista, a soli 40 anni di età, più ricco del mondo! Anche il più discusso.   In questo panorama così variegato ed inusitato, parlare di arte diventa sempre più difficile e talvolta discutibile!

Sarebbe, forse, necessario che ognuno di noi riuscisse a riflettere sulla realtà quotidiana e capire come la stessa sia costellata di un malessere continuo, quasi una pelle o meglio un’invisibile pellicola di materiale indistruttibile, ormai parte di noi, che ci impedisce di vedere, di sentire e di toccare ciò, che ci circonda. Quando, invece, questo spazio è inondato da una luce accecante, invaso da suoni assordanti e preda di una tattilità fuori controllo, dove tutto diventa asfittico, a tal punto che l’uomo non si vede com’è, ma come la sua immaginazione gli dice di essere. Da ciò ne deriva, che qualunque rappresentazione pullula nella sua mente, questa possa essere proposta sia come realtà concreta, sia come realtà solo pensata. Il prodotto ottenuto è certamente rappresentato all’interno di uno spazio reale, pieno di tensioni dolorose e tragiche, vista la conflittualità attuale, che illustriamo con dovizia di particolari, anche ripugnanti, come denuncia di ciò che ci rifiutiamo debba esistere. Dall’altra parte per sopravvivere, ci rifugiamo in uno spazio irreale, che ci sforziamo di ritenere esistente, sia come illusione di una felicità virtuale, mai raggiungibile, sia come surrogato della nostra mente, impotente ad ottenerla concretamente.

Riuscire in questo contesto ad avere la consapevolezza di ciò che è o che dovrebbe essere ”Arte” diventa veramente arduo. Può, forse, aiutarci la volontà di scrutare l’animo umano, nel momento in cui crea, per esprimere di sé, non l’esteriorità del mondo, ma la sua aspirazione interiore a migliorarlo, attraverso un’operazione di applicazione, di continuità espressiva con il passato, che ci dovrebbe supportare e garantire maggiore consapevolezza dell’energia vitale che viene sprigionata dall’uomo stesso.

 

Ritorno a Paris…..appunti di viaggio.

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A circa due mesi dal breve soggiorno a Parigi: dove ogni cosa, stento a crederci, si è svolta regolarmente pur con la presenza dei Gilet Gialli! E nonostante, sino all’ultimo giorno utile per la partenza, tutto sembrava contro di noi! Eccoci a ricordare la grande soddisfazione di rivedere posti sempre attraenti e caratterizzati da tante novità! Questa è Parigi, l’antica LUTETIA, la città fondata dai Romani. Una brevissima visita, come già accennato, complessivamente di cinque giorni, intensamente trascorsi, assieme a mia moglie e a due nostri amici: Stefano e Caterina. Senza di loro, probabilmente, non saremmo neanche partiti. Si è riusciti ad avere momenti di grande soddisfazione, come al Louvre, dove loro si sono rivisti, tra l’altro, la sezione degli artisti italiani, e noi, quella dei Greci, con la Venere di Milo di Prassitele, che con la Venere Accovacciata di Doidalsas e ad altre bellissime statue di donne, colà esposte, rappresentano la raffinatezza, sempre in auge, del vivere antico! Successivamente il desiderio di rivedere il secondo Sarcofago Etrusco degli Sposi ha prevalso, consentendoci di visitare una piccola mostra dedicata a quella misteriosa popolazione, i Rasenna, dove il centro polarizzatore era proprio il variopinto sarcofago, proveniente dal mondo incantato di Cerveteri! Evidentemente, è per me, un anno molto ricco, continuamente celebrato e vivificato dalla presenza del Popolo dell’Etruria! Soddisfatti di quanto ammirato, al Louvre, si è fatto ritorno al Residence, nostra magione parigina. Il secondo giorno della visita a questa bella città, siamo stati alla famosa Gare de Lyon, dove in ambienti arredati e dipinti nell’atmosfera della Belle Epoque, il Ristorante le “Train Blue” ci ha ospitati per assaporare una breve ma squisita colazione, servita da camerieri eleganti nelle loro divise di altri tempi! Soddisfatti di quell’ambiente, molto raffinato, ci siamo rituffati nella Parigi odierna, dove, nonostante la metropolitana, il traffico è abbastanza caotico. Di lì a poco, ci aspettava, con le sue particolari opere scultoree il Musée de Bourdelle. Un grazioso edificio, che da semplice Atelier è diventato un raffinato luogo di cultura, molto ben curato! Una breve sosta ad un piccolo Caffè “Le Grillon”, ed in fine una rapida corsa alla Eglise de Saint Gervais et Protais, di fronte all’Hotel De Ville, avvolto nella luminosità dei numerosi led del tricolore francese! La sera si è, ormai, impadronita dei contorni della città: solo le luci artificiali dei lampioni e delle tante vetrine, ancora, rischiarano i luoghi, che stiamo finendo di ammirare. Il terzo giorno si apre con la visita all’Eglise di St. Sulpice, dove la 1^ cappella a destra, quella degli Angeli è stata affrescata dal pittore francese E. Delacroix, il principe dei Romantici. Sempre in zona ci si è recati all’Atelier, ora museo, relativo allo stesso pittore. La vicinanza dell’Eglise di Saint Germain des Pres, ci ha permesso di vedere parte degli ultimi lavori di ristrutturazione: molto ben riusciti! Rimanendo al Marais, assieme ai nostri amici, abbiamo mangiato all’ora di pranzo, nel ristorante Pizman tipico del quartiere. Ritrovo affollato, ma piacevole, quanto basta per gustare con un pasto frugale la loro cucina! Poi, la fugace sosta ai magazzini Le Bon Marché, chiude questa giornata. L’indomani mattina, il quarto giorno, del soggiorno a Parigi, sempre con mia moglie da Porte de Versailles siamo andati con il comodo tram T2, sino alla zona della Defense. Dove siamo stati accolti dalle numerose bancarelle del pittoresco mercatino di Natale. Tutto e di più è esposto, per la gioia di chi deve comprare o semplicemente mangiare! Anche noi siamo caduti nella trappola dell’acquisto natalizio, la scusa era:” lo facciamo per i nostri nipotini!” E, così, è stato! Poi, visto, che l’ora di pranzo, solleticava il nostro stomaco, abbiamo ceduto ad assaporare una stuzzichevole baguette, ben imbottita di formaggio corso ed insalata! Riposatici all’interno, nella grandiosa Hall dell’edificio commerciale Cnit della Defense, e spedite le cartoline, i cui francobolli, sono sempre più difficilmente trovabili, ci siamo recati con il metrò al Musée de Zadkine, dove ci aspettavano Stefano e Caterina. Un altro Atelier diventato un piccolo museo. Opere artistiche stravaganti e molto particolari, non solo sculture, ma anche disegni e dipinti, che testimoniano un percorso ampio e diversificato. Il suo apporto al panorama dell’Arte è significativo, anche, se non sempre compreso! Mi sono cimentato per il mio interesse delle sue opere, nell’esecuzione grafica di due sculture, tra le tante esposte nell’Atelier. Il ricordo, ma soprattutto il piacere di riprodurle è stato superiore al risultato effettivo, comunque apprezzabile! La giornata termina con il ritorno al solito Residence, in cui uno sfizioso spuntino serale tacita e soddisfa il nostro palato. L’ultimo giorno, anche se permeato dalla nostalgia della partenza, si è svolto nel piacere di visitare una personale di Alberto Giacometti, artista surrealista, estroso e modernissimo, nel piccolo museo dedicato allo scultore Aristide Maillol, il cantore dell’armonia immortale del corpo femminile! Entrambi allievi di Bourdelle, tuttavia, nella differente peculiaretà sono l’espressione unitaria di un Arte, che, quando è tale rappresenta la commistione perfetta di una creatività senza eguali! Anche in questo spazio espositivo, mi sono permesso di omaggiare l’artista in mostra (A.Giacometti) con un disegno sintetico, che ha completato la pur breve, ma intensa visita a questo gioiello dell’arte internazionale: au revoir Paris a bientot!

Il percorso di alcuni artisti moderni è la caparbietà di afferrare qualcosa di sfuggevole…che, tuttavia, non impedisce di andare oltre…!

Visita Guidata – Il Foro Romano, una passeggiata antica di 1500 anni di storia.

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La passeggiata guidata nel Foro Romano è la trama di circa 1500 anni di storia di Roma, divenuta capitale dell’occidente del mondo, il cui rapporto con essa e con il suo graduale sviluppo ebbero nei secoli i Re Etruschi, i senatori, i consoli e gli imperatori. Costoro diedero all’Urbe fori, templi e basiliche, in ricordo di gesta e vicende di ogni tipo, realizzando di conseguenza grandi opere pubbliche e facendo della città la superba metropoli di un impero, divenuto il Mondo! Eccoci, quindi, di fronte a questa antica realtà, ancora oggi pregna di sensazioni molto forti! Attraversare un simile luogo, rimirandolo in ogni sua parte, è come essere protagonisti di vicende attuali. Delle due entrate, scegliamo quella a Largo della Salara Vecchia, proprio attigua a via dei Fori imperiali, l’arteria di traffico, oggi fruibile solo a piedi, che nel 1931-33, anno di costruzione, suscitò tanto malumore! Da qui si ha subito la sensazione di avere sotto il nostro potere le arcaiche rovine della Roma antica, ma è solo una sensazione: a sinistra abbiamo il tempio di Antonino e Faustina, a destra la basilica Emilia. Siamo più alti della seconda e più in basso del primo tempio. Scendiamo ancora e di fronte a noi è la Regia (una delle più antiche costruzioni del Foro, sede del re etrusco), poi l’ara di Cesare, più in là il Tempio di Castore e Polluce, che svetta su di noi con tre colonne scanalate. Qui, il lato breve a sud-ovest del Foro si trovò a essere sistemato col tempio del Divo Giulio incorniciato dall’arco partico di Augusto e dal portichetto dell’Arco di Gaio e Lucio Cesari, escludendo alla vista i venerandi monumenti della Regia e del Tempio di Vesta. Questa scelta va inquadrata nel periodo “cesariano” della politica di Augusto, prima della più prudente fase della restaurazione conservatrice. Ad, ogni modo, ci fermeremo, in questo posto, quando avremo visitato l’area verso il Tabularium, che rappresenta il fondale di chiusura, a nord-ovest, dell’area forense. Si passa, quindi, all’interno della grande Basilica Emilia, che pur con delle variazioni, anche sostanziali, è stata la struttura economica e legislativa di Roma, assieme alla Basilica Giulia, che l’affianca sulla sua sinistra. In mezzo l’area più specifica del Foro, più volte rifatto. Al suo interno, sono presenti le colonne onorarie con la più famosa, detta di Foca, dal nome dell’imperatore, che la scambiò con il Pantheon, dandolo al papa di turno; altri elementi caratteristici sono i Rostra, posti su una specie di tribuna, dove si tenevano i discorsi politici dei tribuni. Più avanti, a destra è presente l’Arco di Settimio Severo, che rappresenta, la struttura trionfalistica, sotto la quale, sfilavano i vincitori romani (all’inizio i generali, poi gli imperatori) per purificarsi del sangue versato nelle guerre vittoriose! Ancora più a destra è la Curia, il luogo dove si riuniva il Senato Romano. Nello spazio vicino, verso il Tabularium, sono presenti il Comitium, il Volcanale, il Lapis Niger. Il primo è il piazzale dove di tenevano le assemblee che prima, fino all’età di Cesare, si svolgevano in Campo Marzio. Sotto il lastricato del piazzale è il secondo, il così detto santuario di Vulcano (Volcanal), a lungo scambiato per la tomba di Romolo. Ancora oggi è possibile scendere una scaletta e ammirarvi la più antica iscrizione latina conosciuta, incisa su un cippo nel 6° secolo a.C. (“pietra nera”, in latino Lapis niger) che è il terzo elemento. Come si capisce, non si fa in tempo a vedere una particolarità di un referto archeologico, che il nostro occhio viene rapito da tante altre immagini, tutte pregne di tanti significati storici, religiosi, economici ed architettonici! Siamo ormai, davanti alla fila dei templi della Concordia, di Vespasiano e Tito, e del misterioso tempio degli Dei Consenti. Quest’ultima struttura sembra racchiudere gli spazi di 12 divinità pagane, che furono evocate per difendere Roma dall’attacco di Annibale! Salendo lungo il sentiero in basolato del Vicus Iugarius, proprio nelle vicinanze del Tempio di Saturno, vediamo gli avanzi dell’Umbilicus Urbis ed il Miliarum Aureum, che sono i due elementi caratteristici della fama di Roma: il primo indica il centro di Roma, quindi del mondo, il secondo è il riferimento di tutte le strade che partono da Roma. Arrivati in cima a tale percorso il panorama è ineguagliabile per la quantità di monumenti che appaiono ovunque! La Piazza del Foro è delineata da ciò che rimane delle sagome delle due basiliche: la Giulia a destra e l’Emilia a sinistra. Più in là, si riconoscono le tre colonne superstiti del Tempio dei Dioscuri, che assieme al Tempio di Saturno furono costruiti per primi, in epoca repubblicana; lungo la stessa direzione, in sovrapposizione, è il così detto tempietto di Vesta e la casa delle Vestali, le protettrici del Fuoco Eterno; infine, sempre a destra è la chiesa di S. Maria Antiqua. Sulla sinistra, in fondo, troneggia la mole inconfondibile della Basilica di Massenzio, poi diventata di Costantino, che ha superato in grandezza e spazialità, quelle di origine greca. Sul margine estremo, al centro del panorama, è l’arco di Tito nascosto tra le chiome degli alberi e le svariate rovine che lo precedono. Tanto rimane, comunque, da descrivere, per completare lo scenario incomparabile dinnanzi a noi: si potrà avere una più esauriente consapevolezza di ciò nell’atto di percorrere direttamente questo ineguagliabile teatro di storia e di vita.

I due Geni rivali – Bernini e Borromini. Commento e riflessione.

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Se leggere è bello, lo è di più immergersi in una lettura, che sia di tuo gradimento: è il caso di questo libro, che descrive la vita degli architetti Gian Lorenzo Bernini e Francesco Borromini, i due giganti dell’architettura Barocca. Per me è stato un modo piacevole per poter conoscere meglio i due protagonisti, approfondendo argomenti, non solo di arte, ma anche di ciò, che fa parte del vivere quotidiano di quei tempi lontani! Ho centellinato pagina, dopo pagina quasi come un liquore speciale. Solo che, una volta finita, la bottiglia di liquore non può essere riassaporata: il libro, invece, ti da questa possibilità! Fin dall’inizio si è stabilita una magica atmosfera, che ha permesso di ripercorrere più volte lo stesso percorso: con connotazioni, però, sempre diverse. Il piacere della lettura è derivato, come al solito, da un insieme di motivi: l’amore per l’arte in genere, l’interesse dell’argomento specifico, la curiosità di conoscere nuovi aspetti, che aiutano a sviscerare i meccanismi della creazione artistica o forse, più semplicemente permettono di arricchirti mentalmente! Le diverse ed interessanti vicende del libro sono scivolate via, quasi sempre, senza grossi intoppi. In certi casi c’è stata la necessità di rivedere più volte lo stesso argomento, non tanto per capirlo, ma per ricordarlo. I due personaggi, a me noti, per averli studiati in più occasioni, sono come dicevo il simbolo, almeno a Roma, del periodo Barocco. Essi si equivalgono per le loro capacità specifiche, ma la mia preferenza è sempre stata per il serioso e taciturno Borromini, che io ritengo più creativo del Bernini, che oltreché per la sua bravura eccelsa, è capace di mantenere i propri clienti anche per la sua proverbiale simpatia! Indubbiamente i caratteri dei due artisti hanno giuocato un ruolo importante nel rapporto con gli illustri mecenati. Ed è proprio questa differenza che ha determinato in più occasioni la capacità dell’uno di prevalere sull’altro. Così in alcuni casi si sono verificate addirittura le condizioni di far cambiare opinione al committente nell’assegnare il lavoro al Bernini, piuttosto che al Borromini! Anche se quest’ultimo più fantasioso ed alternativo era solo un architetto, mentre l’altro era un architetto più classico, ma con la significativa differenza di essere, oltre che un pittore, anche un grandissimo scultore, secondo solo a Michelangelo. A tal proposito, mi viene in mente, come due personalità così importanti siano da mettere in sintonia con due archistar del nostro tempo: il Borromini con il de-costruttivista Frank O. Gehry, americano, ed il Bernini con il discutibile Santiago Calatrava, spagnolo, che oltre ad essere un ingegnere, è anche pittore e scultore come lo stesso Bernini. In relazione a ciò, ho apprezzato tantissimo che alla conclusione del libro la stessa affinità tra il Borromini e Frank O. Gehry sia stata sottolineata proprio dall’architetto americano con le seguenti parole: che il più grande edificio mai progettato è il San Carlino e che, dopo aver fatto tutti gli stessi passaggi, niente di più si può aggiungere nella progettazione! Quindi il Borromini per la sua creatività ed estro, ha contribuito ad ispirare in modo significativo le originali architetture del Maestro canadese-statunitense. E’, invece, una mia idea l’affinità di Calatrava con il Bernini, dedotta dalle caratteristiche di entrambi, più indirizzati alla stesura di un progetto nel suo insieme, che ai particolari, come rimproveravano i Francesi allo stesso napoletano nel soggiorno di circa sei mesi alla corte del re Luigi XIV; così all’architetto spagnolo vengono mosse aspre critiche dalle amministrazioni comunali di Bilbao e Venezia per il suo diniego a risolvere i particolari costruttivi nelle pur ammiratissime progettazioni: vedi i ponti realizzati nelle due città, su citate, le cui pavimentazioni sono fatte in entrambi casi in un materiale vetroso, che diventa scivoloso, quando piove!
In conclusione i due protagonisti della storia e dell’arte del secolo XVII, il Bernini ed il Borromini, pur così diversi tra loro, hanno contribuito entrambi a caratterizzare ed illuminare un periodo, che fa sentire i suoi effetti, sino ad oggi! E’ la risposta a tutti coloro, che ritengono l’Arte di un epoca, solo fine a se stessa e cristallizzata con i suoi protagonisti negli anni in cui è esistita.

Per diventare immortali non è sufficiente essere geniali: può essere un aiuto!

Le Extra New Etichette, l’ennesima galassia di microcosmi cromatici…!

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Non è difficile pensare, che ci siano sempre altri modi e altri mondi nella variopinta galassia delle etichette, la cui espressione cromatica ci incanta e ci rapisce, quasi irrazionalmente! E’ forse, solo, una esigenza mentale, quella che ci permette di vagare, senza meta, nell’imponderabile spazialità dell’Universo Infinito. E’ probabile che la voglia di conoscere, di approfondire aspetti di una nuova ricerca, ci aiuti a spingerci più in là. La sicurezza che il nostro itinerario sia quello giusto, non ci viene garantito da nessuno, ma è positivo che la ricerca venga supportata da una maggiore e diversa creatività! Riproporre, ad ogni modo, uno scenario, apparentemente conosciuto, senza esserlo, è l’aspetto più peculiare! E’, certamente, curioso e casuale ritrovarsi a gestire la multi cromaticità delle etichette su supporti cartacei diversi, come buste prestampate e già scritte da altri, rispetto a quelli più semplici, relativi ad un foglio di carta o cartoncino intonsi, come avveniva nell’Epoca delle Old Etichette. I risultati sono sicuramente di grand’effetto, poiché danno una fisionomia più eterogenea e quasi di interattività anonima, come carpita alla volontà, non voluta. E’, quindi, una partecipazione “a posteriori” di chiunque abbia inviato una qualunque busta, o si sia adoperato un supporto cartaceo qualsivoglia, da cui, poi, si inizia a comporre un “Nuovo Spazio”, più variopinto, rendendolo protagonista, suo malgrado! Solo dopo alcuni prototipi cartacei (normalmente sono le buste del condominio, di banche, di assicurazioni, e delle più svariate società, comprese le locandine dei Supermercati) riempiti per gioco, ci si è resi conto, che si stava dipanando e sviluppando un nuovo tema sul filone delle Old Etichette, ma, oggi, chiamate “New Etichette”, per distinguerle dalle prime: “Le Originali sono note come semplici e sole Etichette”. Si riesce, in questo modo, ad avere una rappresentazione cromatica, non più dipendente dalla sola manualità del compositore, ma, come già detto, anche dalla partecipazione implicita di chi ha creato il supporto, su cui si concretizza il prodotto cromo-grafico finale! Sottolineare una tale ricerca, può essere interessante, non solo perché dà modo di approfondire e specificare nuove linee guida, già, peraltro aperte ad ulteriori esperienze, ma soprattutto perché si entra in un più complesso scenario scritto grafico, il cui aspetto cromatico conclusivo è il protagonista del gesto artistico. Anche la Copertina di un settimanale di “GOSSIP” diventa l’Arena Artistica, utile per esprimere e rappresentare settori mentali, difficilmente apprezzabili! Siamo, così, di fronte ad una originale manualità creativa, detta “Imprinting”, poiché si è concretizzata in prevalenza nel giustapporre ed imprimere le etichette sul supporto prescelto: quasi a voler enfatizzare di impronte cromo-materiche lo spazio bidimensionale sul quale si è scelto di operare! In modo azzardato, si può affermare, che questa operazione ricorda, anche se con modalità diverse, il più famoso gesto pittorico, detto “Dripping”! E’, tuttavia, in entrambi i casi, che si manifesta, attraverso la “gestualità” la sperimentazione senza fine della creatività umana, la sola che rende possibile approfondire il campo della ricerca nel Caleidoscopio Artistico. Il substrato delle nuove etichette si presta, così, ad essere la base di una matericità più esplicita. La bidimensionalità delle sole etichette si trasforma, addirittura, in uno spazio tridimensionale con la presenza di altro materiale; che nel caso specifico del primo prodotto extra etichette è rappresentato da una sottile retina gialla (dapprima usata come contenitore di frutta), ora usata, invece, per scardinare la seconda dimensione e farla diventare la terza, rispetto al primitivo supporto cartaceo! Ci troviamo, ora, al cospetto di un prodotto Art-Materico. E’, ovvio, che la curiosità di esplorare sistemi di espressione cromo-grafica, sempre più innovativi, rappresenta la molla e lo stimolo per cercare orizzonti più accattivanti e misteriosi, anche se fisicamente irraggiungibili!

Il campo della ricerca artistica favorisce nuove esperienze, tale da spingerci sempre più in là, oltre confini inesplorati.

 

 

Tutta l’Arte è contemporanea!

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Dall’Antichità ad Oggi, ogni ispirazione creativa Umana può determinare una qualsiasi forma di Arte. Sta alla sensibilità del fruitore entrare in sintonia con la genialità di chi ha tracciato quel sentiero, che porta a seguire percorsi e costruire dialoghi dall’immaginario individuale a quello collettivo! Lo spirito magico, i temi eterni dell’identità, del cammino, della morte, sono condivisi da artisti di ogni epoca e latitudine!
In questo senso le affinità tra Arte contemporanea e Arte primitiva sono moltissime! Le tracce sonore, i riti, e i miti sono elementi che ritornano senza una spiegazione dal primitivismo alle performance più recenti!
Si può affermare che l’Uomo nella sua poliedrica capacità di adattarsi alle mutevoli situazioni dell’Ambiente abbia di volta in volta plasmato se stesso verso la naturale idea di completarsi e diventare il Demiurgo di nuove spazialità! La speculazione culturale è, così, diventata la matrice autentica dell’Essere sempre il Centro del proprio spazio vitale!

Rimeditazione meta-artistica da un articolo del quotidiano di Repubblica del giorno 27.07.15

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