I khatchkar – Armenia

I khatchkar, (khachkar), pietre a forma di croci nelle più svariate fattezze, rappresentano una peculiarità rilevante nella cultura e nell’espressione dell’arte armena tanto che spesso gli armeni vengono chiamati anche “gli adoratori della croce”.
In Armenia, l’arte della lavorazione della pietra è di antichissima tradizione, praticata nei secoli da bravissimi artisti apprezzati già dai persiani dal 520 a.C. per scolpire le preziose scalinate di Persepoli.
Tra i maestri più famosi del fiorente periodo medioevale si ricordano lo scultore Poghos, di cui una stele stupenda del XIII secolo è collocata nei magnifici monasteri di Goshavank e Haghartzin, l’architetto Vezik del XIII secolo e quelle dello scultore Momik del XIV secolo che si possono osservare nel monastero di Noravank e nel complesso di Ejmiatzin. Le loro opere sorprendono per l’originalità e la precisione della cesellatura. Le raffigurazioni delle croci si arricchirono nel tempo di svariati ornamenti come i fiori (da cui il termine croci fiorite), simboli, immagini, elementi zoomorfi e vegetali. Esempi particolari sono rappresentati dalle croci, molto antiche, situate fuori dalla chiesa di Surb Astvatsatsin a Talin, dalla croce del Redentore del tipo Amenaprkitch (Redentore) collocata nel monastero di Haghpat eseguita nel 1273 dallo scultore Vahram che raffigura, in rare occasioni, Cristo in croce attorniato da santi e angeli, osservato dall’alto dall’Onnipotente; oltre da quella inserita nel complesso di Ejmiatzin che risale al 1569. In una pietra grigia di basalto suddivisa in più registri, si nota in quello superiore delimitato da archi polilobati di influenza persiana, le due fonti di luce, sole e luna, mentre nel registro centrale due angeli sorreggono la croce e nella parte inferiore è incisa la girandola dell’infinito, ulteriore elemento che si ripete frequentemente, archetipo di un atavico simbolismo. Nel monastero di Sevanavank si trova un’altra rara croce scolpita su pietra di basalto rosso raffigurante al centro l’insolita crocefissione di Cristo con una serie di episodi e di figure cariche di simbologia sui registri che lo circondano. Il volto di Cristo, rappresentato con una folta barba appuntita e le trecce che scendono dalla testa fin sulle spalle, ha inconsueti lineamenti mongoli poiché ripropone lo stile in uso tra il XII e il XIII secolo quando anche l’Armenia fu coinvolta dal passaggio dell’esercito di Gengis Khan. E’ plausibile che l’artista abbia usato questo tipo di raffigurazione convinto che i mongoli, riconoscendosi nell’immagine, avrebbero preservato la pietra.

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